Quando più di venti anni fa i primi intrepidi pionieri della Piana Fiorentina presentarono le loro proposte all'amministrazione pubblica non sapevano che esito avrebbero avuto, ma una grande fiducia muoveva i loro passi...Semplici cittadini, studenti universitari, professionisti, amici della piana, espressero a diverso titolo e sotto bandiere diverse, ma unite in uno stesso intento, la volontà di fare di tutto affinché una parte più ampia possibile della "piana naturale", fosse in qualche modo conservata. Alcuni credevano che fosse necessario convertire le aree umide e le fasce vegetazionali residue (fasce definite poi meglio come corridoi ecologici) in zone a stretta protezione, altri si accontentavano di mantenere il più possibile lo status quo. Conservare per essi stessi e per i propri nipoti. In seguito si affermò a livello globale la definizione meglio compiuta di biodiversità, definizione che si applica persino su scala territoriale.
Da allora tanta acqua è piovuta nella pianura e tanto, troppo di quello che rappresentava un pericolo per la naturalità e la biodiversità comprimeva e comprime sempre più le residue "aree naturali".
Qui non si tratta di criminalizzare lo sviluppo tecnologico e la crescita urbanistica in quanto tale, ma quello che è mancato e che manca ancora oggi è un piano generale che tenga conto dell'importanza che riveste la natura e la biodiversità, per l'uomo di oggi e ancor più per quello di domani.

venerdì 13 agosto 2010

L'Assessore ci mette la faccia...

"Fino a poco tempo fa si ipotizzava che il numero di specie insulari dipendesse soprattutto dalle dimensioni dell'isola e dalla sua distanza dalla terraferma. Ora uno studio sulla distribuzione dei rettili delle isole mediterranee ha dimostrato che l'antropizzazione del territorio influenza in modo fondamentale la biodiversità. Questo risultato mostra ancora una volta che la nostra epoca è caratterizzata dalla capacità dell'uomo di stravolgere gli equilibri della biosfera."
Questa frase conclusiva di un articolo dell'ultimo numero delle
Scienze, in edicola in questo mese, si riferisce ad uno studio sulla
distribuzione delle specie animali nelle isole del
Mediterraneo, ma bene si applica a contesti che isole non sono, in senso
stretto, ma che lo sono invece in quanto aeree "naturali" isolate, in
contesti antropizzati.
Dove andare a cercare un esempio migliore se non nella Piana? Una grande
piana alluvionale ricoperta da un reticolo di strade e insediamenti
urbani in comunicazione fra loro e inframezzati da aree verdi anch'esse in
comunicazione fra loro.
L'assessore Marson in trincea (per così dire) in questi giorni in difesa
di quel che resta della Piana, punta ad ottenere, lo dice chiaramente:
un'isola di verde all'interno di una megalopoli, sullo stile del Central
Park
a Manhattan. Per quanto realistico questo obiettivo (nel senso di
un minimo sindacale realisticamente ottenibile (sigh!)), l'assessore
Regionale, che si deve riconoscere, per la prima volta ci mette la
faccia e forse si gioca anche di più, dovrebbe puntare un po' più in alto.
Si è detto ormai innumerevoli volte, e diversi studi pubblicati (dalle
università!) lo dimostrano, che la Piana è un'area complessa dalla
biodiversità molto più ricca di quella presente in un parco urbano, fosse
anche il Central Park!.
Le isole naturali della Piana sono in comunicazione fra loro grazie ai
corridoi ecologici e grazie alla capacità di movimento e di diffusione di animali
e piante. La vocazione palustre della Piana dimostra che basta una
piccola formula (fango+acqua+tempo) per far scattare e rifiorire
magicamente la vita quasi ovunque si scelga di rinaturalizzare.
Un'unica isola all'interno di un territorio così vasto? Da raggiugere
dagli estremi della Piana Fiorentina Pratese Pistoiese, come? Non è ora
di cominciare a pianificare in maniera concertata fra le diverse
Province il come fare a conservare l'intero reticolo verde? Solo se vasto
e diffuso avrà la capacità di polmone naturale e di equilibratore climatico
in questa assolata pianura alluvionale....

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